venerdì 2 settembre 2016

Profondità massima per un'immersione in aria



I divemaster che lavoravano negli anni 90 a Sharm raccontano del "Club dei 100 m", costituito dai sub (molti di cui non più tra noi) che erano riusciti a raggiungere la quota -100 m immergendosi in aria. Le storie sono di solito condite con tanto di considerazioni di buon senso sulla pericolosità di tale impresa, che sfiora la follia.
L'attuale record di profondità per un immersione con ARA respirando solo aria è di 155 m (Dan Manion, 1994). Dal 2005 Guiness World of Records non pubblica più i record in questa categoria.
Per noi comuni mortali, i limiti di profondità delle cosiddette immersioni "ricreative" sono ben definiti dalle varie didattiche: si consiglia di stare entro i limiti del brevetto, e comunque di non pianificare delle immersioni sotto i 40 m.
Che senso ha quindi chiedersi quanto uno può andare oltre tale profondità?
Per primo, esistono diversi obiettivi interessanti per i sub oltre i 40 m. Per esempio, le gorgonie e il corallo nel mediterraneo li trovi spesso a partire da profondità superiori. Stessa cosa per alcuni relitti.
Di fatti, anche i sub meno esperti si vedono spesso proposte "puntatine" a delle quote sotto i -40.
Oppure, in una situazione in cui ci si trova inaspettatamente a delle quote inferiori anche di decine di metri alla quota -40 (dovuta per esempio alla distrazione  del sub che segue un pesce raro, piuttosto che ad un'imprevista corrente discendente), cosa si dovrebbe aspettare un subacqueo per quanto riguarda il comportamento del
suo organismo e della sua attrezzatura?
E ancora, di fronte ad un compagno subacqueo che si ritrova in difficoltà in profondità, fino a dove si può spingere per un operazione di soccorso?
Ecco perché ritengo che sia utile che un subacqueo abbia le idee chiare nel merito sin dall'inizio del suo percorso sportivo.

Una risposta più approfondita si può dare correlando il limite di profondità al rischio di intossicazione da ossigeno. L'intossicazione da ossigeno è un fenomeno molto pericoloso durante le immersioni, in quanto può generare dei sintomi come convulsioni e perdita di conoscenza, che possono facilmente condurre alla morte per annegamento.
Il rischio di intossicazione da ossigeno aumenta con la pressione parziale dell'ossigeno respirato (PPO2). Fuori dall'acqua respiriamo ossigeno a 0,21 bar. Durante l'immersione per ogni 10 m di profondità la PPO2 aumenta di 0,21 bar.  In generale le didattiche di subacquea indicano come limite massimo di PPO2 1,4 bar, che corrispondono alla profondità di 56 m in aria. Il limite di 1,4 è stato abbassato da un precedente 1,6. 1,6 è la pressione parziale massima gestita anche dalle didattiche tecniche. Anche i computer subacquei non permettono di impostare una PPO2 massima superiore ai 1,6 bar.
1,6 bar di PPO2 corrispondono a 66 m di profondità per un'immersione in aria.
Proviamo quindi a riassumere:
Nel programmare un'immersione in aria oltre 40 m di profondità è necessario essere coscienti che il rischio di tossicità da ossigeno aumenta con la profondità. Oltre i 56 m di profondità si supera la soglia di rischio "didattico", oltre i 66 m si va contro le indicazioni di ogni didattica e organizzazione.

E' importante essere consapevoli che esistono poche certezze scientifiche riguardo alla tossicità da ossigeno. Studi diversi e addirittura gli stessi studi fatti con gli stessi soggetti in periodi diversi di osservazione spesso riportano dei risultati divergenti. Esiste una grande variabilità tra i sintomi (le convulsioni sono solo uno dei possibili sintomi, tra i più gravi). Anche l'ordine di comparsa dei sintomi è variabile. Stessa cosa per quello che riguarda i fattori scatenanti. Quindi in pratica non è possibile anticipare e tanto meno controllare la comparsa dei sintomi di tossicità, se non restando nei limiti di PPO2 statisticamente più "sicure".

Guardiamo ancora le indicazioni che le solite didattiche danno come limiti di PPO2 nei corsi "deep" o "tecnici". La PPO2 massima ammessa è di 1.4 durante la parte attiva dell'immersione (tempo di fondo), e di 1.6 "a riposo", durante le soste di decompressione. I valori sono da considerare più bassi in condizioni di sforzo fisico maggiorato.
Di conseguenza, i vari brevetti "tecnici" di immersione in aria hanno come limite massimo di profondità 55 m.

Ma la profondità massima fin dove ci si può spingere in aria non dipende solo dalla PPO2. Un altro fattore da prendere in considerazione è la narcosi da azoto. Qui i limiti cambiano da persona a persona e anche dalle condizioni ambientali (freddo e buio aumentano per esempio i rischi di narcosi). In generale a partire dai 30 m gli effetti della narcosi si fanno sentire. Sta ad ogni subacqueo a valutare le quote oltre le quali la narcosi diventa un rischio per la sicurezza e diventa necessario rinunciare all'aria a favore di miscele con minori contenuti di gas inerte. Da considerare che per la stessa persona l'intensità della narcosi può variare in base a fattori personali quali stanchezza, forma fisica etc.

Un altro aspetto è costituito dal fatto che immersioni a quote sotto i 40 m necessitano sempre di soste di decompressione obbligata. Diventa quindi necessario avere una preparazione specifica e attrezzature adatte, per esempio per avere più ridondanza a livello di miscele respiratorie disponibili (bi-bombola, bombole di fase).

Personalmente mi spingo in aria fino a circa 55 m solo in acque aperte e solo insieme a persone che conosco e di cui mi fido. Le immersioni a queste quote le faccio sempre previa pianificazione e con un piano di decompressione ben definito. Ho seguito dei corsi tecnici e uso attrezzatura tecnica.


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